Luciano Manzi, ex partigiano piemontese, ricorda i giorni immediatamente successivi all’8 settembre 1943: la notizia dell’Armistizio italiano con gli Alleati, la mancanza di ordini dai comandi superiori dell’Esercito Regio, la decisione dei soldati italiani di tornare ai propri paesi di provenienza e il viaggio verso casa cercando di sfuggire alla cattura da parte degli occupanti tedeschi.
Dall’autobiografia di Luciano Manzi, Una vita per gli ideali di libertà e socialismo (AGIT, Beinasco (TO) 2003):
“In quei giorni, insieme ad altri reparti militari, ci misero di servizio per mantenere l’ordine pubblico nelle Marche e ci fecero accampare in tende collocate nel parco di Villa Mastai Ferretti di papa Pio IX, a Senigallia. Sempre in quei giorni, ci giunse la notizia dell’armistizio: e immediatamente constatammo lo sfascio totale dei comandi militari.
L’8 settembre del 1943 fu per me come per molti altri militari italiani, un giorno indimenticabile. Si passava dalla gioia sfrenata per la fine della guerra, il ritorno a casa e la pace ritrovata, alle notizie che dicevano: “sei militare, non ti devi muovere, devi aspettare gli ordini, se vai a casa puoi essere considerato un disertore”. Ed essere un disertore in caso di guerra è una cosa seria. Se ne sentivano di tutti i colori e la radio non ci dava notizie utili. Ad un certo punto il nostro tenente, che era andato alla ricerca di un comando e li aveva trovati tutti deserti, ritornò al reparto per dirci che lui ritornava a casa…”
La datazione del video fa riferimento ai fatti raccontati.