Luciano Manzi, ex partigiano piemontese, racconta il suo rientro ad Asti dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, la decisione di rifugiarsi presso alcuni parenti nell’Oltrepò Pavese e la scelta di unirsi ad alcuni coetani per formare le prime bande partigiane sotto la guida del Partito Comunista clandestino.
Scrive nella sua autobiografia, Una vita per gli ideali di libertà a socialismo (AGIT, Beinasco (TO) 2003):
“Rientrato ad Asti, trascorsi i primi due giorni chiuso in casa per non far sapere a nessuno che ero tornato. I fascisti erano già venuti a cercarmi per arruolarmi nella Repubblica di Salò come appartenente alla classe del 1924, perciò decisi di andare in campagna da mio zio Pietro, nell’Oltrepò pavese, in attesa di capire meglio la situazione. […]
Alla fine del 1943 fummo informati che sulle montagne dell’Oltrepò stavano nascendo le prime bande di coloro che lottavano con le armi contro il fascismo e il nazismo. Alcuni li chiamavano ribelli, altri banditi, altri patrioti. Per me era ormai chiaro che il non rispondere agli appelli delle autorità repubblichine, e quindi disubbidire alle autorità tedesche e fasciste, comportava una scelta ben precisa: cercare un posto dove nascondersi sino alla fine della guerra, come fecero in molti, oppure organizzarsi, armarsi, cercare i collegamenti trovare altri “ribelli” già organizzati, entrare nelle file del movimento, quelle che Radio Londra considerava “bande di partigiani”, che combattevano per la libertà a fianco delle truppe alleate.”
La datazione del video fa riferimento al periodo in cui avvennero i fatti qui raccontati, dalla proclamazione del primo Bando di arruolamento nella Repubblica Sociale Italiana alla costituzione delle formazioni partigiane nell’Oltrepò pavese.