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Brescia (BS)

Capoluogo dell’omonima provincia in Lombardia, Brescia è il secondo comune della regione per popolazione. Soprannominata "Leonessa d’Italia" per i dieci giorni di resistenza agli Austriaci durante il Risorgimento italiano (dal 21 marzo al 1° aprile 1849), la città sorge nell'alta Pianura Padana allo sbocco della Val Trompia, ai piedi del Monte Maddalena e del Colle Cidneo. Il territorio è in maggior parte pianeggiante ed è delimitato a nord dalle Prealpi Bresciane, ad est dalle Prealpi Gardesane e a ovest dai territori della Franciacorta. Durante la Seconda Guerra Mondiale Brescia e il suo territorio vissero tutte le fasi che caratterizzarono la partecipazione dell’Italia al conflitto: dalla spontanea esultanza esplosa il 25 luglio 1943 con la caduta del regime fascista alle manifestazioni sviluppatesi a seguito dell’annuncio dell'Armistizio, dalla costituzione della Repubblica Sociale Italiana allo sviluppo del movimento partigiano. Subito dopo l’8 settembre 1943 reparti della SS Panzergrenadieren Leibstandarte "Adolf Hitler" avviarono l'occupazione della città entrando da est: il 10 settembre avevano già sotto controllo tutti i posti chiave, comprese le caserme. Il Comando tedesco impose immediatamente nuove disposizioni: il coprifuoco venne prolungato dalle 20 alle 6, fu vietato ogni assembramento di più di tre persone, venne proibita la circolazione in auto senza autorizzazione delle autorità germaniche e, infine, fu ridotta a cinque ore l'erogazione del gas. Persino il giornale fascista Il popolo di Brescia non poteva uscire senza l'approvazione del Comando tedesco e della Prefettura. La costituzione della Repubblica Sociale Italiana, di fatto uno Stato fantoccio nelle mani di Hitler, determinò un'ulteriore occupazione del territorio della provincia dal momento che Brescia e Salò (sul Lago di Garda) divennero le sedi dei principali ministeri e degli apparati di potere del neo-nato Partito Fascista Repubblicano. Tutto questo non impedì, tuttavia, a disertori, renitenti alla leva e giovani antifascisti di nascondersi o aggregarsi nei monti e nelle colline intorno al capoluogo, costituendo i nuclei delle prime formazioni partigiane. La Resistenza bresciana si caratterizzò per la presenza di una forte componente cattolica, riunita dal 1944 sotto la guida del gruppo delle Fiamme Verdi. I cattolici si impegnarono nell'assistenza e nel trasferimento in Svizzera di numerosi ex prigionieri inglesi e slavi fuggiti dopo l'8 settembre e cercarono di organizzare i primi nuclei di militari sbandati raggruppatisi spontaneamente in Valsabbia. Al contempo, i comunisti, uniti ai socialisti, cercarono di rafforzare la debole struttura organizzativa attraverso un difficoltoso lavoro di penetrazione nelle fabbriche e diedero vita al primo Gruppo di Azione Patriottica di città comandato da Leonardo Speziale (fine ottobre 1943). Il partigianato bresciano però ebbe più di una battuta d'arresto: l'eccezionale apparato repressivo nazifascista, infatti, connesso alla presenza di diversi ministeri, comandi generali e uffici amministrativi della RSI, nonché la presenza dall'estate del 1944 della Sicherheitspolizei germanica diretta dal capitano Erich Priebke, rese difficile il mantenimento di una stabile organizzazione delle strutture clandestine. Nella provincia i rastrellamenti non avevano sosta e si susseguivano arresti e fucilazioni, anche contro sacerdoti e parroci che nella zona erano numerosi in aiuto dei "ribelli". Nel giugno 1944 si registrò una grande crescita del movimento partigiano con il conseguente intensificarsi di sabotaggi e recupero di armi. Nel corso del 1944 anche Brescia fu colpita dai bombardamenti alleati: il più pesante fu quello del 13 luglio 1944 al termine del quale si contarono 200 morti e oltre 300 feriti. Circa 200 prigionieri riuscirono a fuggire dal carcere. Altra incursione aerea fu quella del marzo 1945 che causò 80 morti e moltissimi feriti. L'aprile 1945 segnò l'inizio dell'ultima e più cruenta fase della lotta di Liberazione: a mezzogiorno del 26 aprile il Comitato di Liberazione Nazionale di Brescia, insediatosi nel convento delle Orsoline, diede il via all'insurrezione generale. Primo atto ufficiale fu la nomina a sindaco del socialista Guglielmo Ghislandi. Il giorno seguente, dopo alcuni scontri minori, le Squadre di Azione Patriottica di fabbrica presero il controllo della città e finalmente sul numero di venerdì 27 aprile de Il giornale di Brescia, organo ufficiale del CLN, poté comparire in prima pagina l’annuncio: "Brescia è libera!". Più sanguinosi furono, invece, gli avvenimenti in provincia e in particolare lungo tutta la Valle Camonica dove fino al 30 aprile garibaldini e Fiamme Verdi dovettero sostenere cruenti combattimenti contro colonne naziste e contro i presidi della Guardia Nazionale Repubblicana aggregatisi alla Legione "Tagliamento", in fuga verso il Tonale. Le avanguardie americane entrarono in città il 28 aprile. Il 31 agosto 1947 la Commissione lombarda per il riconoscimento delle qualifiche partigiane riconobbe alla Resistenza in provincia di Brescia 653 caduti e 151 feriti. Per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana, Brescia e la sua provincia sono anche state insignite della Medaglia d’Argento al Valor Militare con la seguente motivazione: "Nella lotta di Liberazione la Città di Brescia prodigava con generosa larghezza il sangue dei suoi figli migliori e con il fiero e tenace contegno degli abitanti della città e della provincia sosteneva validamente la Resistenza contro l’invasore. Memorabili e duri gli scontri combattuti nelle valli e mirabili tra tutti quelli del Passo del Mortirolo e quelli delle Valli Trompia e Sabbia. Nei giorni della insurrezione generale, liberatasi con fulminea azione dall'occupazione nemica, la popolazione bresciana osava chiudere le sue strade alle colonne tedesche in ritirata e con sanguinosi combattimenti causava gravi danni al nemico e provocava la cattura di migliaia di prigionieri." Brescia e sua provincia, settembre 1943 - aprile 1945 Bibliografia e approfondimenti:

  • Enzo Collotti, Frediano Sessi, Renato Sandri (a cura di), Dizionario della Resistenza, 2 voll., G. Einaudi Editore, Torino 2001;
  • per ulteriori approfondimenti sulla Resistenza nel Bresciano è possibile consultare il sito web dell'Anpi di Brescia.

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