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Razzismo di Stato

Ogni concezione teorica, orientamento psicologico o atteggiamento pratico che, postulando la superiorità di una determinata razza su altre, attribuisce alla prima il diritto di ridurre le seconde in uno stato di soggezione e di discriminazione, se non addirittura di provocarne il genocidio.

E' definito "di Stato" quando, tramite ideologia, propaganda e organizzazione è lo Stato in prima persona a farsi carico dell'eliminazione delle minoranze. In questo caso l'ideologia politica tende non solo alla razionalizzazione delle immagini negative dell'altro, ma alla legittimazione di comportamenti sociali indirizzati alla discriminazione sistematica praticata dagli appartenenti di alcuni gruppi su altri.

In questa accezione, la forma di razzismo di Stato incomparabilmente più acuta che si sia mai manifestata nel corso della storia fu quella che caratterizzò in Germania la persecuzione antiebraica da parte del regime nazista. A differenza del diffuso sentimento antigiudaico preesistente e largamente diffuso in Europa, nel caso dell'antisemitismo tedesco, quello che va definendosi come razzismo di Stato è da ricercare dapprima nella affermazione dell'inferiorità della razza ebraica rispetto a quella ariana, e successivamente nell'emarginazione sistematica del "nemico" dalla società, limitando le attività permesse alle popolazioni ebraiche, per poi passare alla ghettizzazione, ovvero la limitazione spaziale in quartieri spesso angusti, per arrivare infine alla deportazione nei campi di concentramento e all'eliminazione sistematica con metodi industriali.

Alla deportazione delle minoranze ebraiche verso i campi della morte contribuirono attivamente i governi alleati dei nazisti, fra cui, in particolare, quello collaborazionista della Francia di Vichy.

In Italia, con la cosiddetta Carta della razza (1938) e le deliberazioni successive, il governo fascista prese posizione sulla questione ebraica introducendo una serie di misure di persecuzione nei confronti degli israeliti quali limitazioni in materia di cittadinanza italiana, divieto di matrimoni misti, esclusione da impieghi militari e pubblici, riduzioni patrimoniali, ecc. È tristemente noto inoltre il campo di sterminio della risiera di San Sabba presso Trieste.

Bibliografia e approfondimenti:

  • G.L. Mosse, Il razzismo in Europa dalle origini all'olocausto, Mondadori, Milano 1992;
  • Dizionario di storia, Bruno Mondadori Ed., Milano 1995;
  • Pierre Milza, Serge Berstein, Nicola Tranfaglia, Brunello Mantelli, Dizionario dei fascismi. Personaggi, partiti, culture e istituzioni in Europa dalla Grande Guerra ad oggi, Bompiani, Milano 2002.

Approfondimenti al femminile

La centralità dell’elemento razzista spinse il nazismo non solo a perseguire ed eliminare gli Ebrei, ma anche ad assumere lo stesso atteggiamento violento contro quegli uomini e quelle donne considerati pericolosi per la purezza della razza.

Dopo l’approvazione delle Leggi di Norimberga (1935) furono istituiti appositi Tribunali per la Salute della Stirpe, incaricati di applicare le norme al fine di prevenire la riproduzione di individui razzialmente inferiori: ad esempio, furono facilitati i divorzi per le coppie miste o non fertili; ed aumentarono gli aborti e le sterilizzazioni forzati per le donne considerate “anormali”.

Bibliografia e approfondimenti:

  • Nazismo e identità di genere, in Francesco Maria Feltri, Maria Manuela Bertazzoni, Franca Neri, Chiaroscuro, Sei Editrice 2010;
  • Victoria De Grazia, La donna nel regime fascista, Marsilio, Venezia 1993;
  • M. Burleigh, W. Wippermann, Lo stato razziale, Germania 1933-1945, Rizzoli, Milano 1992.

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