Attività di collaborazione con uno stato nemico e occupante o con una classe sociale avversaria.
Il termine è diventato di uso comune durante la Seconda Guerra Mondiale per indicare l'appoggio fornito dalle forze politiche delle nazioni invase agli occupanti tedeschi, italiani o giapponesi. Consisteva in una vera e propria forma di governo in cui i vertici dell'apparato istituzionale e burocratico si mettevano al servizio dei paesi stranieri che, in questo modo, avevano la possibilità di controllare il territorio invaso e la sua politica senza il dispiegamento di ingenti forze militari. Governo collaborazionista per eccellenza fu quello instaurato dai tedeschi in Norvegia e presieduto da Vidkun Quisling (1940-1945); tali furono anche in Europa i governi della Francia di Vichy (1940-1944) guidato dal generale Philippe Petain; quello della Repubblica Sociale Italiana (1943-1945) di Benito Mussolini e il governo degli ustascia in Croazia.
In Italia, collaborazionismo fu chiamato anche il reato di collaborazione con i tedeschi previsto dal 1944 dal Codice Penale militare di guerra.
Bibliografia e approfondimenti:
Tra il 1943 e il 1945 furono molte le donne che aderirono alla Repubblica Sociale Italiana (RSI) e si schierarono a fianco dei tedeschi. Il collaborazionismo femminile fu una realtà estremamente complessa e variegata che non si può ridurre solo all’immagine della militante del SAF (Servizio Ausiliario Femminile), pronta a fornire conforto e aiuto materiale nelle retrovie, mantenendo i tratti peculiari della femminilità, primo fra tutti l’estraneità all’uso delle armi e alla violenza.
Nella realtà, chi scelse di schierarsi dalla parte della Repubblica Sociale Italiana scelse anche di collaborare in modi e forme diverse con l’occupante tedesco attraverso il coinvolgimento diretto nelle azioni e nelle pratiche di violenza della guerra civile. Aderendo alla RSI, le donne, con le loro azioni, combatterono quella guerra in prima persona, fino in fondo e ad ogni costo, anche prendendo le armi. Entrarono a far parte delle Brigate Nere, lavorarono per la Guardia Nazionale Repubblicana o nello spionaggio tedesco.
Molteplici furono anche le motivazioni che spinsero queste donne a tutto ciò: adesione fanatica agli ideali fascisti e patriottici, desiderio di vendetta e/o odio personale verso le persone denunciate, miseria materiale (e morale). Molto più spesso, semplicemente per soldi.
Nel dopoguerra queste donne furono processate e condannate per collaborazionismo, ma la loro storia non si concluse nelle aule dei tribunali: le scelte politiche dei governi e i numerosi provvedimenti di clemenza (amnistie, grazie, liberazioni condizionali), a partire dall’amnistia Togliatti del 1946, permisero, nel giro di un decennio, il ritorno in libertà degli ex fascisti, uomini e donne.
Bibliografia e approfondimenti:
Collaborazionismo – Per saperne di più…Approfondimenti al femminile