Sebbene la Repubblica di Weimar avesse concesso il voto alle donne già nel novembre del 1918, il regime nazionalsocialista non perseguì mai una politica unitaria nei confronti delle donne, sostenendo piuttosto l’esistenza di diversità etniche, culturali, sociali e fisiche tra gli individui in base a “caratteristiche razziali”. I nazisti ricacciarono le donne entro le mura di casa facendone le custodi della razza, della famiglia, della tradizione, e mobilitarono le organizzazioni di massa del regime totalitario per penetrare nel profondo della vita sociale e familiare.
Il matrimonio, i lavori domestici e l’allevamento dei figli, dunque, erano i compiti principali delle donne in Germania durante il regime di Hitler. La maternità, vista come l’equivalente del servizio militare per l’uomo, con il compito di “dare un figlio al Führer”, era l’obiettivo principale del programma educativo delle associazioni giovanili femminili create dal regime. La Lega delle Ragazze Tedesche (Bund Deutscher Mädel, BDM in tedesco) nacque nel 1930 all’interno della Hitlerjugend (Gioventù Hitleriana) ed era riservata alle sole ragazze ariane da 10 a 18 anni, non affette da malattie ereditarie. Dal 1936 l’iscrizione divenne obbligatoria, tanto che l’associazione raggiunse un totale di 4,5 milioni di iscritti nel 1944. Nel 1938 venne creata nella BDM la sotto-sezione Glaube und Schönheit (Fede e Bellezza), associazione facoltativa per giovani donne dai 18 ai 21 anni, che doveva fungere da collegamento temporale con la Lega delle Donne Nazionalsocialiste, ala femminile del partito nazista a cui ci si iscriveva a 21 anni compiuti.
Militando in tali organizzazioni, le donne contribuirono alla stabilizzazione del regime e, non soltanto come sorveglianti nei campi di concentramento, diedero un contributo all’applicazione di misure razzistiche e terroristiche nei confronti dei settori perseguitati della popolazione. Le donne, soprattutto nella vita professionale (nel settore medico e nell’insegnamento, in veste di capisquadra o di assistenti sociali), ma anche nella vita privata (in qualità di acquirenti e clienti di negozi o come vicine di casa), si trovarono costantemente di fronte a un dilemma: sostenere o tollerare l’antisemitismo, il razzismo e la persecuzione dei dissidenti, oppure opporsi. Troppo pochi furono in Germania gli individui che contrastarono gli abusi contro i gruppi perseguitati, comunque insufficienti per poter tentare di rovesciare il regime nazionalsocialista; e comunque solo un numero ridotto di donne apparteneva ai gruppi di opposizione organizzati.
Bibliografia e approfondimenti:
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