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Contadini nella Resistenza

Il ruolo dei contadini nella Seconda Guerra Mondiale, al pari con i mezzadri, fu quello di supportare e agevolare la lotta partigiana in tutte le regioni del nord Italia. Senza versare approvvigionamenti al Regime, nascondendo renitenti alla leva e prigionieri di guerra stranieri, anche i contadini dovettero pagare un prezzo altissimo in termine di vittime civili per i loro atteggiamenti ribelli. La collaborazione e l'assistenza tra il mondo contadino e le truppe partigiane nacquero spontaneamente appena dopo l'Armistizio, quando il primo soccorso era improvvisato e l'organizzazione ancora non ben definita, e via via si consolidò dopo il giugno del '44, con l'appello ufficiale del CLNAI a non consegnare i prodotti agli ammassi fascisti.

È stato più volte osservato che nella Resistenza i contadini, per la prima volta nella storia dell'Italia unita, si schierarono senza esitazione con i movimenti democratici e progressisti. Il rapido venire meno nelle campagne del consenso sociale verso il Fascismo – nonostante la politica di "ruralizzazione" ostentata dal regime e la sua demagogica difesa dei valori della "civiltà dei campi" – fu in realtà il frutto della crisi economica e sociale che investì massicciamente l'agricoltura, e insieme delle scelte belliche del regime che avevano nuovamente strappato le giovani leve contadine dai loro paesi per spedirli verso fronti lontani e ben presto rivelatisi tragici. Il momento di svolta nelle campagne fu segnato dagli effetti dell'Armistizio dell'8 settembre e dal tracollo dello Stato, con la repentina spaccatura del paese in due tronconi, controllati rispettivamente dagli Alleati nel Sud e dalle truppe tedesche nel Centro-Nord. In queste circostanze il mondo contadino fu portato istintivamente a solidarizzare con i militari sbandati dell'Esercito Regio e con i prigionieri di guerra stranieri fuggiti dai campi di concentramento, fornendo loro aiuto e assistenza. Nelle regioni del Centro-Nord divenne subito impellente il problema dei giovani che volevano sottrarsi ai nuovi bandi di leva della Repubblica Sociale o al lavoro coatto per i tedeschi, e che insieme agli antifascisti provenienti dalle città andarono a formare le prime bande partigiane: furono questi i primi contatti organici delle campagne con la Resistenza, caratterizzati per lo più da improvvisazione e spontaneità (l'antifascismo, infatti, non aveva radici nel mondo contadino, a eccezione di alcune limitatissime aree, come in Emilia Romagna), ma anche di una istintiva capacità da parte dei contadini di individuare nei partigiani un alleato contro un regime screditato e minaccioso. Le truppe partigiane, dunque, si sforzarono di stringere subito con le popolazioni rurali rapporti di collaborazione e di evitare (o limitare) invece ogni motivo di possibile attrito. E ben presto il movimento di liberazione assunse, nelle diverse regioni italiane, caratteristiche specifiche anche in relazione alla composizione del mondo contadino. Comunque, se in una prima fase il rapporto dei contadini con la Resistenza poté essere definito sostanzialmente di appoggio e di solidarietà, ma non ancora un rapporto di adesione effettiva, la situazione mutò radicalmente con i brutali rastrellamenti nelle campagne, alla ricerca dei renitenti alla leva, che ebbero infatti la conseguenza di spingere molti giovani a unirsi definitivamente alle bande partigiane. La parola d'ordine di non consegnare i prodotti agli ammassi, lanciata con un certo successo ai contadini dal CLNAI con l'appello del 10 giugno 1944, divenne a quel punto l'occasione di un intreccio inestricabile tra la resistenza armata e le campagne, che durò poi sino alla Liberazione. Una parte molto consistente dei partigiani fu costituita da giovani montanari e contadini e il mondo della campagna pagò durante l'occupazione tedesca un prezzo altissimo in termini di vittime civili.

Bibliografia e approfondimenti:
  • Arrigo Boldrini, Enciclopedia della Resistenza, Teti Editore, Milano 1980;
  • Istituto Alcide Cervi (a cura di), Le campagne italiane e la Resistenza, Grafis Edizioni, Bologna 1995;
  • Enzo Collotti, Renato Sandri, Frediano Sessi (a cura di), Dizionario della Resistenza, 2 voll., G. Einaudi Editore, Torino 2001.

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