La censura in Italia venne applicata fin dalle prime leggi fasciste del 1923, in cui stampa e giornalisti vennero assorbiti da strutture governative autorizzate e ideologicamente allineate col pensiero fascista.
Con l'emanazione delle
leggi fascistissime (1925-1926), a cui seguì l'entrata in vigore della
Legge sulla Stampa (31 dicembre 1925), la censura si accentuò: ora i giornali potevano essere diretti, scritti e stampati solo se avevano un responsabile riconosciuto dal prefetto. La limitazione della libertà di espressione, della libertà di stampa e di parola venne così messa definitivamente in atto per scopi propagandistici e di controllo, al fine di rafforzare l'immagine del duce, del partito e della sua politica. Tali disposizioni vennero abolite solo dopo la fine della guerra.
Bibliografia e approfondimento:
- A. Del Boca, M. Legnani, M. G. Rossi (a cura di), Il regime fascista, Editori Laterza, Roma-Bari 1995;
- Romano Bracalini, Otto milioni di biciclette. La vita degli italiani nel Ventennio, Mondadori 2007;
- Patrizia Dogliani, Il fascismo degli italiani. Una storia sociale, UTET, Torino 2008.
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