Comune piemontese in provincia di Alessandria, Casale Monferrato è situata sulla riva destra del Po, nella pianura del Basso Monferrato, al margine settentrionale delle colline che costituiscono la celebre regione vitivinicola, di recente proclamata Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO. Conserva nel centro storico un aspetto settecentesco, ma anche diversi monumenti di età romanica e gotica, tra i più interessanti del Piemonte. La città inoltre sorge in una posizione favorevole poiché si trova a poca distanza dai capoluoghi di Vercelli, Alessandria, Asti e Novara, e all'interno del triangolo industriale Torino-Genova-Milano. Durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo l'Armistizio italiano dell'8 settembre 1943, il Monferrato visse in pieno la guerra di Resistenza, i bombardamenti anglo-americani, la guerriglia partigiana, la persecuzione degli ebrei, le deportazioni e i rastrellamenti. L'occupazione tedesca a Casale Monferrato si fece sentire fin da subito quando nel dicembre 1943 l'antica Sinagoga di Vico Olper, edificata nella parte del centro storico divenuto ghetto ebraico, venne razziata dai nazifascisti. Nella zona del Casalese operò la VII Brigata "Matteotti" della Divisione "Italo Rossi" che si distinse soprattutto nelle azioni di sabotaggio e guerriglia lungo la linea ferroviaria Asti-Casale Monferrato. Al comando della brigata c'era un giovane panettiere, Antonio Olearo "Tom", che fin da subito si mise in luce per coraggio e doti di organizzatore, tanto che la sua formazione divenne nota con il nome di "Banda Tom". Il 14 gennaio 1945, durante un rastrellamento nelle campagne di San Desiderio, il gruppo ed il suo comandante, ferito durante un coraggioso salvataggio di un compagno caduto in mano ai tedeschi, si rifugiarono in una cascina di Casorzo, dove però vennero catturati nella notte. Solo 3 su 13 riuscirono a sfuggire all'arresto. Incatenati, seminudi e scalzi, i prigionieri vennero obbligati a marciare, nella neve, sino alla città di Casale Monferrato e ad attraversare l'abitato tra le percosse e gli insulti dei fascisti. Incarcerati, tutti vennero crudelmente interrogati. Ad Antonio Olearo venne negato anche un ultimo abbraccio con la madre, rinchiusa in una cella vicina. Processati e condannati, i "ribelli" vennero condotti in Cittadella, all'alba del 15 gennaio, dove vennero passati per le armi, al muro della polveriera. Con loro anche alcuni prigionieri politici. Uno di questi, 16 anni d'età, venne risparmiato, ma solo all'ultimo momento. Con "Tom" vennero uccisi 11 partigiani ed un ufficiale dell'aviazione inglese, Albert Harbyohire Harru, che da qualche tempo era stato preso prigioniero dai tedeschi. Ai fucilati venne negata anche un'immediata sepoltura ed i cadaveri di Antonio Olearo e dei suoi compagni rimasero sul selciato del poligono di tiro per due giorni, abbandonati nella neve, guardati a vista dai soldati, per impedire a chiunque di ricomporle. Antonio Olearo è stato insignito della Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria.
Bibliografia e approfondimenti: