Con il termine pianurizzazione si intende il fenomeno dello sviluppo della Resistenza nelle campagne, soprattutto quelle emiliano-romagnole, congiunto al diffondersi delle agitazioni sociali contro la fame, le razzie e i rastrellamenti, per scardinare i rapporti di potere consolidati dal fascismo nel mondo agrario. Naturalmente questo tipo di attività non si manifestò in modo uniforme, né raccolse i consensi di tutte le componenti, specie quelle di orientamento moderato: i tempi e i modi variarono da zona a zona per ragioni legate alla conformazione del terreno, al profilo economico e produttivo, alle tradizioni politiche e sociali, all'intensità con cui si erano sviluppati prima lo squadrismo e poi l'opposizione antifascista. Ciò nonostante, in molte zone essa rappresentò il punto di unione tra la lotta partigiana e i bisogni e le richieste del mondo del lavoro, in particolare quello agricolo.
Fu Arrigo Boldrini, il comandante ravennate "Bulow", stratega e guida di questo partigianato di "superficie", il primo a comprendere che anche nelle zone meno dotate di difese naturali era possibile organizzarsi e combattere. La campagna, appunto, territorio per definizione non favorevole alla guerriglia su larga scala, privo di protezioni ambientali, densamente abitato e attraversato da vie di comunicazione, poteva divenire il nuovo territorio in cui combatteva il partigiano. La padronanza della configurazione e della dislocazione degli argini dei fiumi, dei canali, dei fossi, delle siepi che delimitavano le proprietà, dei campi di granoturco e di canapa permise ai ribelli di utilizzarli efficacemente per compiere azioni o per nascondersi.
I comandi tedeschi e fascisti cercarono di impedire lo sviluppo della guerriglia in pianura ordinando a più riprese il taglio delle siepi, delle reti metalliche, della bassa vegetazione e di ogni altro ostacolo nei pressi delle strade. Ma i divieti non riuscirono a fermare il fatto che la pianura, nonostante la modestia delle forme di mascheramento che offriva alla guerriglia e i pericoli che gravavano sui contadini, legati alla terra e conseguentemente esposti ad ogni violenza, si aprì al movimento partigiano, proprio in quanto univa alla prospettiva della liberazione dall'occupante la spinta verso rivendicazioni sociali a lungo soffocate.
Bibliografia e approfondimenti: