Con il termine epurazione si fa riferimento ad un complesso di provvedimenti del secondo dopoguerra italiano. Si trattava di misure di legge previste nei confronti dei responsabili del Regime fascista, e di coloro che avevano profittato della dittatura e delle guerre del ventennio sia in termini di carriera sia di speculazione o di arricchimento per favori concessi dal regime stesso.
Le sanzioni in materia furono disciplinate con il decreto legge luogotenenziale del 27 luglio 1944, n.159, recante il titolo Sanzioni contro il fascismo, diviso in tre parti:
Sulla carta, lo strumento legislativo e gli organi preposti alla sua esecuzione - l'Alto Commissario dell'epurazione - parevano in grado di condurre un capillare processo di "defascistizzazione" dello Stato e di punizione dei responsabili di regime. Tuttavia, l'applicazione delle norme venne gradatamente attenuandosi sino a ridursi a minime proporzioni.
Bibliografia e approfondimenti:
Tra il 1943 e il 1945 molte donne aderirono alla Repubblica Sociale Italiana e si schierarono a fianco dei Tedeschi. Alcune presero le armi e accettarono di usare la violenza, altre spiarono e denunciarono antifascisti, partigiani, ebrei; molte di loro approfittarono della guerra per acquisire un loro piccolo potere personale, per vendicarsi di soprusi e prepotenze subite, mandando a morte familiari o vicini del quartiere o del paese: tutte fecero la loro parte nella guerra civile a sostegno della Repubblica di Mussolini e degli alleati nazisti.
Nel dopoguerra, per alcune di queste donne che, invece di resistere e sopportare, erano “scese a patti” con il nemico, non ci fu comprensione e assoluzione: accusate di collaborazionismo con il nemico, esse furono oggetto della violenza post-insurrezionale che ebbe luogo per tutto il 1945, e per alcune di loro si aprirono anche le aule dei tribunali.
Bibliografia e approfondimenti:
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