Si qualificano e vengono definite Autonome le formazioni partigiane sorte, almeno formalmente, al di fuori del collegamento organizzativo coi partiti del Comitato di Liberazione Nazionale.
Secondo una troppo sommaria classificazione, le Autonome furono costituite da appartenenti alle forze armate sfaldatesi a seguito dell'Armistizio. Analogamente alla composizione delle formazioni promosse dai partiti, i partigiani delle Autonome in forte percentuale erano giovani che per ragioni di leva non avevano indossato il grigioverde prima dell'8 settembre 1943. Nei giorni immediatamente successivi a questa data, gruppi di militari sfuggiti ai campi di internamento e transito verso la Germania si aggregarono, spontaneamente o per iniziativa dei partiti antifascisti, a nuclei di civili, dando vita a focolai di ribellione in diverse località delle Alpi e degli Appennini.
Anche se non nel numero, l'elemento militare era quasi sempre prevalente, dal comando all'organizzazione dell'insediamento (accampamento, postazione delle armi pesanti recuperate dallo sfacelo dei reparti, ecc.), secondo le regole classiche della guerra di posizione.
La principale peculiarità delle Formazioni Autonome risiedeva nella rivendicata e affermata apoliticità del compito e del traguardo: prosecuzione del dovere di servire lo Stato (pressoché sempre per fedeltà al giuramento prestato al Re); partecipazione a fianco degli Alleati alla guerra per la liberazione della patria. La piattaforma programmatica delle Autonome fu dunque tipicamente militare.
Non fu possibile una classificazione di queste formazioni come corpo organico in quanto tali formazioni non ebbero un proprio comando centrale, regionale e provinciale e raramente seguirono indirizzi politicamente omogenei.
Bibliografia e approfondimenti: