Le formazioni monarchiche e badogliane erano principalmente composte da partigiani (chiamati anche partigiani azzurri) di estrazione borghese e di idee liberali o conservatrici, accomunati dalla fedeltà alla Monarchia. Facevano riferimento alla Casa Reale e riconoscevano in Raffaele Cadorna il loro capo militare. Erano nati dai reparti del Regio Esercito che rifiutarono la logica del "tutti a casa", abbracciando la lotta partigiana dopo l'Armistizio italiano del settembre 1943.
Avendo conservato la loro struttura gerarchica, i partigiani azzurri poterono apportare alla Resistenza l'esperienza bellica e la capacità di rapportarsi coi comandi militari alleati, essenziale per ricevere rifornimenti e aiuti.
Una delle più note formazioni azzurre fu il I Gruppo Divisioni Alpine, operante nelle Langhe piemontesi, comandata da Enrico Martini "Mauri", il quale organizzò la guerriglia con efficienza e metodo creando piccoli gruppi d'azione, quindi più agili negli spostamenti e negli attacchi, e creando nelle retrovie dei luoghi sicuri dove riorganizzarsi.
Va precisato che agli inizi della guerra partigiana il termine badogliano fu utilizzato per indicare i partigiani armati in generale, tant'è che questo vocabolo venne usato dai repubblichini per tutta la durata della guerra senza fare distinzioni di colore politico fra i resistenti, dato che, fedeli a Badoglio, tradivano il Fascismo. Solo a guerra di Liberazione inoltrata, l'espressione divenne sinonimo di quelle formazioni autonome a tendenza monarchica.
Bibliografia e approfondimenti: