Liliana Manfredi nasce il 29 aprile del 1933 in località San Pellegrino di Reggio Emilia.
Vive la sua infanzia con i genitori ad Albinea (RE), dove la madre lavora come custode in una villa.
Nell’estate del 1943, morto il padre in un incidente, Liliana e la madre si trasferiscono in località Bettola, nel comune reggiano di Vezzano sul Crostolo, presso la casa dei nonni materni.
E’ qui che nel giugno del 1944, all’età di 11 anni, diventa protagonista di un’esperienza incredibile.
Fucilata assieme alla mamma e ai nonni nella notte del 24 giugno durante la quale la gendarmeria tedesca di stanza a Casina compie una strage che costerà la vita a 32 civili, Liliana rimane miracolosamente solo ferita da tre pallottole, riesce a gettarsi dalla finestra di casa rompendosi una gamba e si trascina fino al Crostolo.
Il mattino dopo un soldato nazista, forse addetto al giro di ricognizione post-strage, la trova svenuta sulla riva del torrente e, invece di darle il colpo di grazia, la porta di peso sulla strada principale dove Liliana viene raccolta e portata all’ospedale di Rivalta a Reggio Emilia.
Guarita e tornata in forze, per Liliana inizia una vita da orfana fino a quando viene affidata ad una famiglia di Fiorenzuola d’Arda, in provincia di Piacenza. Lì rimane solo un anno prima di ritornare a Reggio Emilia grazie allo zio Galileo che viene nominato suo tutore.
Oggi Liliana ha quasi 80 anni e dichiara di essere nata due volte: la prima in casa di sua nonna; la seconda in mezzo ad un prato, di fianco alla casa ridotta in cenere dai tedeschi.
Nel 2008 la Casa Editrice Aliberti ha pubblicato la sua autobiografia dal titolo Il nazista e la bambina, nella quale Liliana racconta la sua vicenda e lascia ai lettori l’immagine che anche nelle tragedie della guerra possono nascere sprazzi di umanità.
Bibliografia e approfondimenti: