Figlio di Umberto I e di Margherita di Savoia, Vittorio Emanuele Ferdinando Maria Gennaro di Savoia, Principe di Napoli, nasce nella città partenopea l’11 novembre del 1869.
Nella prima gioventù segue i corsi d’istruzione militare, percorrendo rapidamente la successiva carriera tipica dei membri della sua casa.
Il 24 ottobre 1896 sposa a Roma Elena Petrovich Niegosh, figlia del principe Nicola di Montenegro, dalla quale avrà cinque figli: Iolanda (1901), Mafalda (1902), Umberto (1904), Giovanna (1907) e Maria (1914).
Asceso al trono nel 1900 dopo l’assassinio del padre, Vittorio Emanuele III si dimostra sensibile ai problemi del tempo e non si oppone alla svolta liberale impressa dai governi di Zanardelli e di Giolitti.
È un periodo di nette aperture sociali, di riassorbimento dei cattolici nella vita nazionale, di ristabilimento del bilancio, di prestigio della lira nella valutazione internazionale. Nel campo sociale sono da ricordare, nel 1913, le prime elezioni a suffragio universale maschile.
In politica estera Vittorio Emanuele III appoggia il riavvicinamento diplomatico con Inghilterra e Francia e contrae impegni con la Russia, essendo tra l’altro amico personale dello zar Nicola II.
Dopo la vittoriosa campagna contro la Turchia (1911-1912), che frutta all’Italia la Libia, sostiene il governo di Salandra e l’intervento del Regno nella Prima Guerra Mondiale, assumendo il Comando Supremo delle Forze Armate e rimanendo al fronte per tutta la durata del conflitto.
La difficile situazione sociale del dopoguerra, unita alle pressioni della regina madre, all’atteggiamento del Duca d’Aosta che rivendica il trono e allo spettro della tragica fine della famiglia imperiale russa, finiscono con rendergli accetto Benito Mussolini, che si presenta come restauratore dell’ordine pubblico e dei valori nazionali e al quale, il 28 ottobre 1922, in occasione della Marcia su Roma delle Camicie Nere Fasciste, viene affidato l’incarico di formare il nuovo governo.
Durante il ventennio fascista, nonostante reciproche diffidenze, Vittorio Emanuele III non riuscirà mai a separare le sorti e le responsabilità della dinastia da quelle del regime fascista. Sul piano interno non si oppone alla graduale soppressione delle libertà garantite dallo Statuto (nel 1938 firma le leggi razziali volute da Mussolini) e accetta, di fatto, che si venga a creare un regime totalitario. In politica estera, il sovrano non prospetta possibilità alternative alle iniziative di Mussolini, accettando i titoli di imperatore d’Etiopia (1936) e di re d’Albania (1939) e lasciando che l’Italia venga trascinata in guerra accanto alla Germania hitleriana.
Il timore che il disastroso andamento del conflitto segni la fine non solo del regime, ma anche della dinastia, convince Vittorio Emanuele III ad agire: sfruttando abilmente il voto contrario al dittatore dato dal Gran Consiglio del Fascismo, fa arrestare Mussolini (25 luglio 1943) e nomina capo del governo il maresciallo Pietro Badoglio.
Il 9 settembre 1943, il giorno dopo l’annuncio dell’Armistizio, per non cadere nelle mani dei tedeschi, fugge da Roma con la famiglia e il governo e si rifugia a Brindisi, da dove dichiara guerra alla Germania (13 settembre 1943).
Di fronte alle pressioni delle forze antifasciste che chiedono la sua abdicazione, dopo molte resistenze è costretto ad accettare un compromesso, impegnandosi ad affidare la luogotenenza del regno al figlio Umberto alla liberazione di Roma, il che avviene il 4 giugno 1944.
Eliminato completamente dalla vita politica, Vittorio Emanuele III decide di abdicare in favore del figlio solo il 9 maggio 1946, a ridosso del referendum istituzionale del 2 giugno, con il chiaro intento di favorire la scelta per la monarchia.
Ritiratosi in esilio ad Alessandria d’Egitto, muore il 28 dicembre 1947 e viene sepolto nella cattedrale di Santa Caterina.
Studioso di numismatica, nel corso della sua vita aveva pubblicato (1914-1943) in 20 volumi il Corpus nummorum italicorum, che però ha lasciato incompiuto.
Bibliografia e approfondimenti: