Laureatosi a Pavia in Lettere e Filosofia aveva cominciato a svolgere attività antifascista, tanto che nel 1942 era stato arrestato e condannato dal Tribunale speciale a due anni di reclusione. Uscito dal carcere di Castelfranco Emilia dopo la defenestrazione di Mussolini tornò a Milano, di dove dovette fuggire quando, con la nascita della RSI, i fascisti repubblichini ripresero a dargli la caccia.
Riparato in Svizzera, Bolis ha modo di incontrarvi Terracini, Spinelli, Ernesto Rossi, Luigi Einaudi, Parri ed altri esponenti dell’antifascismo. Aderisce al Partito d’Azione e quando esprime a Parri la volontà di tornare in Italia per combattere nella Resistenza, il futuro Presidente del Consiglio lo incarica di raggiungere la Liguria, dove Bolis diventa ispettore delle Brigate partigiane di “Giustizia e Libertà”, essendo stato nominato segretario regionale del PdA.
È il 6 febbraio del 1945 quando cade nelle mani dei repubblichini genovesi. Torturato alla “Casa dello studente” e poi nella prigione di via Ponticelli, tenta il suicidio nel timore di non riuscire a resistere alle torture. Un secondino si accorge del prigioniero con i polsi e la gola sanguinanti e i fascisti fanno portare Bolis in ospedale, decisi a riprendere le sevizie per farlo parlare. Sarà un’infermiera (che diventerà poi sua moglie), a organizzare con i partigiani genovesi l’evasione dell’ispettore GL. Solo nel gennaio del 1946 Luciano Bolis riuscirà a riprendersi completamente.
Durante la convalescenza scriverà Il mio granello di sabbia, un esemplare libro sulla Resistenza, uscito nel 1946 e ripubblicato dall’editore Einaudi nel 1995. Nel dopoguerra, Bolis è stato fra i fondatori del Movimento federalista europeo ed ha contribuito alla nascita del Parlamento della nuova Europa, liberata dal nazifascismo.