Davide Lajolo nasce a Vinchio, in provincia di Asti, il 29 luglio 1912 da Giuseppe e Caterina Gamberoglio. Ultimo di quattro figli maschi, cresce in questa famiglia contadina che vive esclusivamente dei prodotti delle vigne di proprietà.
Frequenta la scuola a Vinchio fino alla fine della terza elementare e nel 1922 lascia per la prima volta la sua casa per proseguire gli studi in collegi salesiani. Al suo paese rimarrà comunque sempre legato e lo renderà un luogo letterario attraverso i suoi racconti.
Per il suo carattere ribelle viene espulso e cambia spesso istituti scolastici fino a frequentare l’ultimo anno al Liceo Plana di Alessandria, dove ha modo di entrare in contatto con alcuni giovani dei Gruppi Universitari Fascisti (GUF) con cui comincia a frequentare manifestazioni e sedi fasciste.
Dopo la maturità classica, per ragioni economiche, rinuncia all’università e frequenta il primo corso ufficiali di complemento a Moncalieri. Nel 1934 è già sottotenente al 37° fanteria e, alla fine dello stesso anno, nella speranza di intraprendere stabilmente la carriera militare, decide di fare domanda come volontario in Abissinia, ma non viene richiamato. Partecipa, invece, alla guerra di Spagna dove, nell’impiego di retrovia, vede l’occasione giusta per dimostrare i suoi ideali fascisti, nonostante i dubbi che comincia a nutrire sulla politica del regime. In questo periodo scrive anche alcuni articoli sulla guerra per il settimanale dei GUF e per il Popolo d’Italia.
Tornato in Italia nel 1938 e ormai conosciuto in ambiente fascista, gli viene affidata la direzione del settimanale della federazione di Ancona, la Sentinella Adriatica, e, contemporaneamente, ottiene anche una collaborazione con il Corriere Adriatico.
Nel 1939 sposa Rosetta Lajolo e nel novembre 1942 nasce la figlia Laurana. A questi anni risalgono anche le sue prime pubblicazioni: un libro sulla guerra di Spagna, Bocche di donne e di fucili (1939), e due libri di poesia, Nel cerchio dell’ultimo sole (1940) e Ponte alla voce (1943).
Richiamato durante la Seconda Guerra Mondiale, combatte in Jugoslavia, in Grecia, quindi a Valona, in Albania, raggiungendo il grado di capitano. Anche sui campi di battaglia continua a scrivere, soprattutto poesie di rifiuto della morte e della guerra e di fedeltà ai giovani commilitoni caduti.
Rientrato in Italia, l’orrore per l’esperienza bellica appena vissuta, il dolore per i morti innocenti, gli impediscono di tornare ad occuparsi della federazione e del giornale.
L’8 settembre 1943, all’annuncio dell’Armistizio, decide di “voltare gabbana”, prende il nome di battaglia di “Ulisse” e inizia ad organizzare la lotta partigiana insieme con altri giovani del suo paese.
Inizialmente, per i suoi trascorsi fascisti, non gli è facile essere accettato dai compagni partigiani, ma la dimostrazione della sua lealtà alla causa gli fa guadagnare la nomina di comandante del raggruppamento che comprende l’8^ e la 9^ Divisione Garibaldi del basso Monferrato e, successivamente, quella di vicecomandante di zona del Corpo Volontari della Libertà del Monferrato.
Subito dopo la Liberazione, inizia la sua carriera di giornalista a L’Unità di Torino, di cui diventa in breve tempo caporedattore. Dal 1947 si trasferisce, come vicedirettore, a L’Unità di Milano e dal 1949 al 1958 ne è direttore. Rimarrà sempre legato al mondo del giornalismo fondando il giornale sportivo Il Campione, dirigendo negli anni Settanta Giorni-Vie Nuove, e collaborando assiduamente a quotidiani e settimanali. Per molti anni è codirettore con Giancarlo Vigorelli della rivista Europa Letteraria.
Nel 1958 viene eletto deputato per il Partito Comunista (al quale si era iscritto durante gli anni della Resistenza) e lo sarà per tre legislature, assumendo la responsabilità di questore della Camera dei Deputati e di componente della Commissione di vigilanza della RAI-TV. Nel 1965 fa parte con Sandro Pertini della Commissione per l’acquisto di opere d’arte contemporanea, che incrementa il patrimonio della Camera dei Deputati.
Nel 1960, poi, dà alle stampe la fortunata biografia di Cesare Pavese, Il vizio assurdo, tradotto in molte lingue, e poi, tutti i suoi libri più noti: I mé, Il voltagabbana, Veder l’erba dalla parte delle radici (Premio Viareggio 1977), le biografie di Fenoglio e di Di Vittorio, il diario 24 anni (1945-1969), Il merlo di campagna e il merlo di città, Gli uomini dell’arcobaleno, dedicato ai suoi amici pittori.
Svolge anche una intensa attività di consulente per le case editrici Rizzoli, Sperling&Kupfer, Frassinelli.
Muore a Milano il 21 giugno 1984 ed è sepolto nella tomba di famiglia a Vinchio.
Bibliografia e approfondimenti:
– sito web del Dizionario Biografico dell’Enciclopedia Italiana Treccani;
– sito web dell’Associazione Davide Lajolo.