Per sabotaggio si intende un'azione di resistenza o di rivolta intesa a diminuire il potenziale bellico o a intralciare il funzionamento dei servizi di un nemico interno o esterno.
Azione tipica della guerriglia, durante la Seconda Guerra Mondiale il sabotaggio giocò un ruolo fondamentale nella Resistenza in tutta Europa: linee elettriche, ferrovie, ponti, centrali telefoniche furono oggetto di azioni di sabotaggio al fine di ostacolare l'esercito invasore, ovvero la Germania nazista.
Fu poi - ed è ancora oggi - insistentemente usato come arma di pressione politica dai movimenti di liberazione nelle "zone calde" del mondo oppure da minoranze che si considerano oppresse; anche se, in alcuni casi, il sabotaggio può sfociare nel terrorismo.
Durante la lotta di Liberazione in Italia, a partire dal marzo del 1944 fu diffuso dal CVL e dal comando centrale delle Brigate Garibaldi un manuale pratico sulla guerriglia, in cui il sabotaggio veniva definito come "l'attacco al potenziale bellico del nemico", con obiettivi di varia natura: la produzione industriale, le comunicazioni stradali, telegrafiche e telefoniche, i servizi pubblici, ecc. Altrettanto vari erano i mezzi a disposizione dei partigiani: l'incendio, l'esplosione, l'azione meccanica o chimica. Il manuale raccomandava però di servirsi con cautela del sabotaggio, al fine di evitare distruzioni inutili o dannose alla ricchezza nazionale; "la cautela è necessaria specialmente per la rappresaglia che il sabotaggio può provocare nei confronti delle popolazioni".
Bibliografia e approfondimenti: