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Brigate Nere

Le Brigate Nere furono l'ultima creazione armata di Mussolini.

Istituite nel luglio 1944 con il nome di Corpo Ausiliario delle Squadre d'Azione delle Camicie Nere, erano un corpo paramilitare fascista della Repubblica Sociale Italiana (RSI), che fu operativo in Italia settentrionale fino al termine della Seconda Guerra Mondiale.

Loro ideatore fu Alessandro Pavolini che con questi gruppi armati intendeva contrapporre alle formazioni partigiane unità fasciste basate anch'esse sul volontarismo e fortemente motivate. Raggruppavano gli iscritti al Partito Fascista Repubblicano e avevano il compito di mantenere l'ordine pubblico e collaborare alla lotta antipartigiana.

Molto variabili per composizione ed efficienza, le Brigate Nere ebbero un ruolo politico e militare secondario. Ciononostante, alcuni loro reparti si acquistarono una triste fama per le violenze commesse contro la popolazione civile e i partigiani prigionieri.

Bibliografia e approfondimenti:

  • Daniella Gagliani, Brigate Nere. Mussolini e la militarizzazione del Partito Fascista Repubblicano, Bollati Boringhieri, Torino 1999;
  • Enzo Collotti, Renato Sandri, Frediano Sessi (a cura di), Dizionario della Resistenza, 2 voll., G. Einaudi Editore, Torino 2001;
  • Pierre Milza, Serge Berstein, Nicola Tranfaglia, Brunello Mantelli, Dizionario dei fascismi. Personaggi, partiti, culture e istituzioni in Europa dalla Grande Guerra ad oggi, Bompiani, Milano 2002.

Approfondimenti al femminile

Tra il 1943 e il 1945 molte donne aderirono alla Repubblica Sociale Italiana (RSI) e si schierarono a fianco dei tedeschi. Sebbene la stampa dell’epoca e la memorialistica successiva abbiano trasmesso un’immagine precisa dell’adesione femminile al nazifascismo, ovvero la donna militante del SAF (Servizio Ausiliario Femminile), nella realtà il collaborazionismo femminile fu un’universo variegato e nascosto, in tutto divergente dall’ideale dell’ausiliaria, estranea all’uso delle armi e alla violenza e dedita ad attività esclusivamente civili.

Ci furono ragazze che, accanto allo spirito patriottico, al fortissimo senso del dovere e alla fede incrollabile nella vittoria, non nascosero l’aspirazione a combattere fisicamente a fianco degli uomini. Il richiamo a un modello di militante aggressiva, spavalda e decisa ad affrontare i rischi e la lotta antipartigiana trovò risposta nell’istituzione nel giugno 1944 del Corpo Ausiliario della squadre d’Azione di Camicie Nere, concepito da Alessandro Pavolini nell’ambito del disegno di militarizzazione del partito.

La nascita delle ausiliarie delle Brigate Nere rappresentò lo sbocco inevitabile per tutte quelle volontarie più ideologizzate e intransigenti, guardate con una certa perplessità e diffidenza sia dalla dirigenza femminile del SAF che dalle ausiliarie stesse. Molte donne, già in servizio nel SAF, chiesero espressamente di essere inquadrate nelle nuove formazioni; naturalmente il requisito indispensabile era l’iscrizione al partito che invece non era obbligatoria per arruolarsi nel SAF.

Considerate “diverse” dalle loro colleghe del SAF, le volontarie delle Brigate Nere non seguirono le severe disposizioni regolamentari che il SAF generale si era dato e suscitarono non poca preoccupazione anche nella dirigenza politica e militare della RSI per il loro atteggiamento anticonformista e insofferente alla disciplina. “Ausiliarie irregolari e indisciplinate”: queste donne vestite da uomo e armate erano respinte senza appello dal SAF, preoccupato di difendere le proprie ausiliarie da critiche e giudizi negativi.

Compito del corpo delle Camicie Nere stabilito per decreto era quello del combattimento per la “difesa dell’ordine e per la lotta contro i banditi e i fuorilegge”, e molte inquadrate avrebbero voluto dare, da questo punto di vista, il loro effettivo contributo alla lotta. Desiderose di essere in tutto e per tutto assimilate ai soldati regolari, le volontarie delle Brigate Nere reclamarono il diritto a partecipare agli scontri armati e a poter eseguire perquisizioni, rastrellamenti e fucilazioni. Nella realtà, solo alcuni reparti femminili furono armati di pistole e mitra e parteciparono, talvolta, ai rastrellamenti.

In definitiva, furono molte le giovani che non si adeguarono ai compiti dell’ausiliaria, ruolo individuato per le donne dal regime di Salò. Ma fu la stessa RSI, con i suoi tanti corpi e bande autonomi o semi autonomi, come le Brigate Nere, a permettere loro di avere in dotazione delle armi e poterle usare.

Bibliografia e approfondimenti:

  • Cecilia Nubola, Fasciste di Salò, Editori Laterza, Roma-Bari 2016;
  • Roberta Cairoli, Dalla parte del nemico. Ausiliarie, delatrici e spie della Repubblica Sociale Italiana (1943-1945), Mimesis. Passasto Prossimo, Milano-Udine 2013;
  • Michela Ponzani, Guerra alle donne. Partigiane, vittime di stupro, “amanti del nemico”. 1940-1945, Einaudi, Torino 2012;
  • Francesca Alberico, La “donna velata”: un caso di collaborazionismo femminile nell’imperiese, in “Storia e memoria”, anno XVII, n.1/2008, Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea;
  • Sergio Bugiardini (a cura di), Violenza, tragedia e memoria della Repubblica Sociale Italiana, Carozzi, Roma 2006;
  • Maura Firmani, Oltre il SAF: storie di collaborazioniste della RSI, in Dianella Gagliani (a cura di), Guerra Resistenza Politica. Storie di donne, Aliberti Editore, Reggio Emilia 2006;
  • Marina Addis Saba, La scelta. Ragazze partigiane, ragazze di Salò, Editori Riuniti, Roma 2005;
  • Maria Fraddosio, La militanza femminile fascista nella Repubblica Sociale Italiana. Miti e organizzazione, in “Storia e problemi contemporanei”, n.24, a.XII, Clueb, Bologna 1999;
  • Marino Vigano, Donne in grigioverde, Il Settimo Sigillo, Roma 1995.

Fonti
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