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Fronte del Don (RUSSIA)

Il Don è un fiume della Russia meridionale. Nasce nella parte nord-occidentale del Rialto Centrale Russo, nella regione di Tula, nei pressi della città di Novomoskovsk; il suo corso (2.000 km) si snoda attraverso il territorio dei distretti di Tula, Lipeck, Voronez, Rostov e Volgograd; a valle di Rostov entra nella zona del delta, esteso su circa 340 kmq, e sfocia infine nel golfo di Taganrog, nel mare di Azov. Il bacino del Don si estende su 430.000 kmq nella parte sud-occidentale della Russia europea e nella sezione orientale dell'Ucraina, in un territorio pianeggiante o con modesti rilievi, dal clima continentale piuttosto secco che fa sì che la vegetazione prevalente del bacino sia la steppa. La navigazione è possibile nel corso inferiore del fiume per circa due terzi all'anno e ha assunto notevole rilevanza soprattutto dopo la costruzione dell'omonimo canale (110 km) che, aperto al traffico nel 1953, unisce il Don e il Volga, consentendo il collegamento di questo con il Mar Nero. Il basso corso del Don è largamente utilizzato per irrigazione e produzione idroelettrica, ed è stato per questo sbarrato da varie dighe, una delle quali forma il grande Lago di Cimljansk. Durante la Seconda Guerra Mondiale il corso del Don costituì un obiettivo di primaria importanza per le operazioni del fronte orientale e divenne essenziale nei piani strategici dei tedeschi. Infatti, dopo il fallimento dell'offensiva su Mosca, che decretò la fine della guerra lampo, occupare il corso del Don significava non soltanto difendere il possesso della ricca regione ucraina e del bacino del Donec, ma soprattutto fare del fiume una base offensiva sia per aggirare Mosca, imprendibile frontalmente, sia anche per costituire il presupposto della marcia verso il Caucaso e il Medio Oriente. Di conseguenza, il Don si trasformò in un teatro di scontri colossali e si potrebbe dire che sulle sue sponde si decisero le sorti della guerra. Il compito di impadronirsi del fiume fu affidato ad un complesso di 8 armate che il 5 luglio 1942 raggiunsero il Don nel tratto Voronez-Belogor'e, occupando poi l'intero basso corso del fiume (26 luglio). La città di Rostov, che era stata conquistata dai tedeschi il 22 novembre 1941, ripresa dai russi una settimana dopo, venne rioccupata il 23 luglio. Nei piani tedeschi la conquistata linea del Don doveva essere difesa ad oltranza con esclusione di ripiegamenti; tale concetto però portava alla difesa lineare che non prevedeva una seconda linea difensiva, né riserve mobili per i contrattacchi. Tra l'inizio e la metà di agosto 1942 l'Armata Italiana in Russia fu schierata lungo il corso del Don, tra la 2^ Armata ungherese a nord e la 6^ Armata tedesca, sostituita a fine settembre dalla 3^ Armata romena, a sud. Ai circa 150.000 soldati italiani furono assegnati 270 km, un settore piuttosto lungo in cui si disposero, da nord a sud, il Corpo d'Armata alpino (divisioni Tridentina, Julia e Cuneense con alle spalle la divisione di fanteria Vicenza), il 2° Corpo d'Armata (divisioni di fanteria Cosseria e Ravenna) ed il 35° Corpo d'Armata (ex CSIR, divisione di fanteria Pasubio e 298^ divisione di fanteria tedesca), il 29° Corpo d'Armata tedesco (divisione di fanteria Torino e Celere, Legione Croata, 62^ divisione di fanteria tedesca e divisione di fanteria Sforzesca). L'organizzazione difensiva era buona: una catena di caposaldi disposti per la difesa su 360°, ben trincerati e con un forte supporto di artiglieria. Il problema era che le forze dell'ARMIR non erano sufficienti per costituire una seconda linea difensiva e le riserve tedesche erano state assorbite dalla battaglia per Stalingrado. Tutto questo si tradusse in una difesa poco solida che, sotto gli attacchi russi di fine agosto, cedette costringendo i tedeschi della 6^ Armata a ripiegare nel settore di Krenenskaja. La battaglia si estese a nord nel settore ungherese e alle ali del settore italiano ad ovest di Serafimovic e presso Bogucar, ove il Don non presenta serie difficoltà di passaggio ai carri armati, concludendosi nelle giornate del 25 e 26 con l'arretramento generale del costone tra Krisaja e Zuzkan. Le controffensive sovietiche lanciate alla fine dell'anno - Operazione Urano (19-26 novembre 1942), accerchiamento per intrappolare le forze della Wehrmacht impegnate nella regione di Stalingrado; e Operazione Piccolo Saturno (16-30 dicembre 1942), seconda offensiva della campagna invernale nel settore meridionale del fronte orientale nel quadro della lunga battaglia di Stalingrado - costrinsero le forze dell'Asse ad arretrare e permisero la liberazione di Stalingrado. Il 12 gennaio 1943 i sovietici diedero il via all'offensiva Ostrogorzk-Rossosch, travolgendo la 2^ Armata ungherese, schierata a nord del Corpo d'Armata alpino. Il giorno seguente investirono i resti delle fanterie italiane. L'ordine di ripiegare dal Don venne dato il 17 gennaio: in testa alle colonne in ritirata si misero i reparti della Tridentina. Anche i resti della Vicenza riuscirono in qualche modo ad aprirsi la strada verso ovest. Più a sud, invece, la Julia e la Cuneense dovettero sacrificarsi contro le forze corazzate sovietiche per evitare che il fianco sinistro della ritirata crollasse. Il 22 gennaio vennero annientati gli ultimi superstiti della Julia e successivamente fu la volta dei resti della Cuneense e della Vicenza, catturati presso Valuyki. A mezzogiorno del 26 gennaio, dopo un'ultima sanguinosa battaglia nell'abitato di Nikolajevka e dopo aver lasciato sul campo migliaia di morti e di feriti, la Tridentina riuscì a rompere l'accerchiamento sovietico. La ritirata del Corpo d'Armata alpino durò 10 giorni: le truppe, stanche e sconvolte dalla fame, dal freddo e dai combattimenti, coprirono più di 120 km in condizioni climatiche proibitive. Il 30 gennaio i sopravvissuti, insieme a circa 16.000 tra ungheresi e tedeschi, arrivarono a Schebekino, dove poterono finalmente riposare al sicuro nelle nuove linee tedesche. Con la ritirata dal Don e la quasi completa distruzione dell'ARMIR ebbe di fatto termine la partecipazione italiana alla campagna sul fronte orientale.

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